Passata l’emergenza e passata la crisi la vita in azienda era ripresa apparentemente come prima.
C’era stata una lunghissima fase di incertezza in cui eravamo rimasti per più di un anno, senza sapere se saremmo sopravvissuti o no. Poi era diventato chiaro che ce l’avevamo fatta, anzi che Bossani aveva avuto ragione, eravamo diventati più forti di prima. Alcuni dei nostri concorrenti erano falliti e anche molti dei nostri clienti, ma altri clienti avevano preso il loro posto, e noi eravamo lì per loro.
Qualcosa era cambiato, non nell’organizzazione ma nelle nostre teste. Le conversazioni si erano fatte più radicali, sembrava che cercare compromessi fosse passato di moda, si decideva tutto in fretta e ci si incazzava per molto meno di prima. Probabilmente i primi mesi trascorsi in isolamento con la paura di morire, e poi i molti mesi in cui temevano di sparire, ci avevano resi tutti più vulnerabili ma ci avevano anche consumato tutta la pazienza.
Quello che non funzionava andava risolto, e molti trovavano il coraggio di affrontare problemi che altrimenti avrebbero lasciato languire, forse per sempre.
Nicola Cavallini si era licenziato nel pieno della crisi. Da un giorno all’altro, senza un altro lavoro, senza dire a nessuno perché.
Altri sembravano essere tornati ai loro vecchi ruoli senza cambiamenti apparenti, Bossani era sempre più pieno di sé e sembrava proiettato a prendere il posto di Hoist e a diventare il capo europeo.
Ma in qualcuno la crisi aveva innescato dei processi invisibili e incontrollabili.
13 - Amore Fragile
Non capivo perché Mentano continuasse a cercarmi. Non era mai stato particolarmente cordiale con me, non più di quanto il suo naturale status di maestro mediatore lo obbligasse ad essere. Era nell’organizzazione da sempre, ed era diventato il naturale punto di snodo di ogni controversia. I più vecchi lo chiamavano “il democristiano” perché aveva una attenzione smisurata a non scontentare mai nessuno, o almeno a dare ad ognuno un piccolo motivo di scontento. Mai una posizione presa, mai nulla che non fosse felpato, reversibile, mai una decisione che non contenesse un piccolo invisibile bottone che, se premuto, l’avrebbe cambiata.
Sembrava un coniglio bianco in mezzo al testosterone tutto battaglie e parole taglienti dei suoi colleghi, ma era una eccezione necessaria al buon funzionamento dell’organizzazione; era colui che non avrebbe mai messo in ombra gli altri e che quindi non era necessario sconfiggere. Lui, in cambio, aveva ottenuto una primazia secondaria, governava una immensità di persone ma restando un gradino sotto i veri guerrieri. Non sapevo se gli bastasse davvero, se la sua ambizione fosse soddisfatta, ma era così da tanto tempo e tutti lo davamo per scontato.
Lo richiamai. “Aldo ho bisogno di parlarti”, la sua voce era più concitata del solito, “di persona, subito se puoi”. Volle camminare, sembrava evitare i luoghi dove avremmo potuto incontrare colleghi. Era una modalità inconsueta e poteva significare brutte notizie: che avesse in qualche modo compreso che oltre al fatto di non essere uno di loro – alle spalle avevo un’altra storia e in fin dei conti ero figlio di un’acquisizione – nemmeno provavo nei loro confronti l’ammirazione che avevo sempre simulato. E questo poteva significare la fine della tolleranza e l’inizio di una penosa defenestrazione.
Ma non si trattava di quello. Voleva parlarmi perché aveva ricevuto un biglietto che lo aveva terrorizzato; non la prese alla lontana. “Sulla mia scrivania, questa mattina, scritto a mano”.
Me lo lesse: “Pensaci, il tuo amore è così fragile”.
Si interruppe per osservare il mio stupore. Tacqui. “Ti chiedi perché te ne parli. È semplice. So chi l’ha scritto, ed è una persona che lavora per te”. Tradiva agitazione, il tono si faceva via via più concitato e la cadenza valligiana delle sue origini riemergeva. Non l’avevo mai visto così agitato.
“Spiegami tutto dall’inizio”, gli chiesi.
“All’inizio pensavo di avere fatto una cazzata, ora so che ho fatto la cosa migliore della mia vita, ma è proprio per questo che ho bisogno del tuo aiuto. Francesca Urbinari, tu sai chi è”. Lo sapevo.
Continuò. “È cominciato una sera qualche mese fa, l’ho trovata nel garage dell’ufficio con la macchina che non partiva. Era tardissimo, le ho dato un passaggio e lei era così naturale con me. Di solito i colleghi giovani mi trattano con circospezione e mi tengono a distanza, lei sembrava non avere né timore né reticenze. E profumava di fresco dopo 15 ore in ufficio. Dopo una settimana, non ci credo ancora, eravamo in un bar a raccontarci e poi tutta la notte per strada. Amore, quello vero, per la prima volta dopo vent’anni. Sotterfugi a casa da parte mia, lei ha un marito ma faceva come non esistesse.”
Continuò. “Ma esisteva, e quel biglietto l’ha scritto lui, ne sono certo. È una minaccia e tu devi aiutarmi”.
Non riuscivo ad interromperlo ma nonostante il suo flusso di parole fosse confuso capivo fin troppo bene. Avevo ricevuto un biglietto identico, anch’io, quella mattina. “Pensaci. Il tuo amore è così fragile”. Non avevo idea di cosa significasse, fino a un minuto prima
Giorgio Mastri, il marito della Urbinari, doveva avere capito in qualche modo che sua moglie lo stava tradendo; io e Mentano eravamo i suoi sospetti.
Io, in questo caso, non c’entravo nulla, la Urbinari mi era sempre sembrata solo una ragazza troppo semplice per essere interessante, ma ero il suo capo e in azienda era normale si diffondessero dicerie soprattutto se una ragazza giovane e bella veniva promossa frequentemente e Francesca era bellissima e semplice, ma anche molto brava.
Mastri si era guadagnato credibilità in azienda con una serie di decisioni così spericolate che non lasciavano dubbi sulla sua determinazione. Di fronte a un tradimento sarebbe stato capace di trascinare sé stesso, moglie e amante in una pozza di pettegolezzi e maldicenze che avrebbe significato la fine professionale di tutti e tre. L’azienda non amava vedere l’esposizione dei panni sporchi, sarebbero stati gentilmente ma impietosamente mandati via, aiutati a farsi una nuova posizione ma il più lontano possibile. Non volevo correre il rischio di essere tirato in quel fango, oltretutto senza avere nessuna colpa.
“Devi aiutarmi e mandarlo lontano, subito” continuò Mentano. “Se lo metti sul progetto Caster a Singapore con il miraggio di diventare socio non potrà rifiutare, io avrò il tempo di sistemare le mie cose e di evitare uno scandalo famigliare. Una volta divorziato con civiltà le minacce di Mastri diventeranno innocue.”
Non provai nemmeno a rifiutare o a prendere tempo, Mentano era abituato a non ricevere obiezioni e non si stupì.
Chiamai Mastri, bastarono pochi secondi in cui parlai solo io. Non gli dissi della lettera che aveva trovato Mentano. Gli parlai di quella che era stata recapitata a me, identica, quella mattina. “Giorgio, stai sbagliando bersaglio. Io non ho fatto nulla con tua moglie e non è a me che devi guardare. Pensavo tu sapessi di Mentano ma te lo dico io, non è più solo una storia, lui ha perso la testa e sta per farla perdere anche a te: Caster, Singapore. Il cimitero dei manager e dei mariti”.
Riattaccò.
La sera dopo, poco prima delle otto, una macchina investì Mentano davanti a casa mentre attraversava sulle strisce pedonali. Quando l’ambulanza arrivò fu chiaro che non restava nulla da tentare. Un testimone parlò di un SUV nero. Alle cinque della mattina seguente un’ombra nera sul pelo dell’acqua attirò l’attenzione di un pescatore seduto sul moletto che si affaccia sul lago d’Orta. Dall’’acqua emergeva poco più di un fanale, dentro c’era tutta l’auto, appoggiata sul fondo del lago. I sommozzatori dei vigili del fuoco estrassero Mastri poco dopo le sei. Come nelle grandi tragedie, tutto si era concluso in fretta.
Al suo primo tentativo di imporsi, di prendere una decisione contro qualcuno, Mentano aveva fallito. Ma solo io lo sapevo, e sarebbe sempre stato ricordato come un maestro del compromesso.
Mastri aveva usato la sua determinazione nel modo peggiore. Si era vendicato ma non aveva nemmeno provato a salvarsi. Si era spezzato davanti al pensiero di tornare a casa e guardare Francesca, di continuare a vivere come se non fosse successo nulla.
Il suo amore si era rivelato il più fragile.
Urka
Finale shock...