Esco dall’ufficio il più velocemente possibile, non lo svuoto, ci penserà qualcun altro. Il mio telefono comincia a suonare quando sono ancora in ascensore. Mando un messaggio a Orietta e lo spengo.
Lei arriva dopo poco, in un bar dove andavamo a pranzo ogni tanto quando volevamo vederci senza colleghi intorno. Mi chiede quando avevo deciso e perché ho lasciato che lei mi odiasse per un’intera mezz’ora. Le racconto del momento di serendipity che avevo avuto la notte prima, dell’istante in cui avevo visto la possibilità di fare cadere tutti i pezzi al loro posto. Come fotterli con fragore, come fare cambiare qualcosa davvero nella mia vita, le dico, nella nostra vita. Come sorprenderla.
Lei sorride, ma il suo telefono sta impazzendo, la notizia si è sparsa e lei deve gestire, non ha idea di come, la comunicazione.
Ti raggiungo a casa, mi dice. Casa tua. Casa nostra, ci vado subito.
16 – Out Of Office
Simone: Cristo Aldo dove sei? Qui è un merdaio, nessuno capisce quello che è successo, perché ti sei dimesso, perché un minuto dopo essere stato nominato amministratore delegato
Aldo: Sono a casa, non potevo sopportare l’idea di guardare in faccia qualcuno. Né quelli a cui avrei sputato in un occhio né tantomeno quelli per cui mi dispiace.
Simone: Nessuno sa cosa pensare esattamente. È entrato il capo delle vendite dicendomi che secondo lui è stata l’ultima mossa di Bossani, in qualche modo costringerti a dimetterti
Aldo: È sempre stato un coglione, non mi stupisco. E se pensano così comunque è ancora meglio, tu incoraggia questa idea, se ne esco come una vittima della guerra per bande è meglio ancora, più sono confusi e meglio è
Simone: Comunque ho visto che hai trovato il tempo di mettere l’out-of-office
Aldo: Io faccio le cose per bene. Out of office per sempre.
Simone: Idiota
Aldo: Sei sicuro che chiamarmi sia una buona idea? Lo dico per te, che lì ci devi lavorare ancora
Simone: Ufficialmente ti sto chiamando per chiederti di ripensarci. Possibilmente prima che Bourdeais atterri e capisca il casino in cui si è messo
Aldo: Ufficialmente ti dico che non ci penso nemmeno. Lo sai, quello che cercavo non era di fottere Bossani e i suoi, cercavo un modo per uscirne. E un’occasione del genere non si ripeterà più.
Simone: Tu sei matto
Aldo: Per niente, anzi dovresti cominciare a preparare la buonuscita
Simone: (ride e impreca) Ma come cazzo hai fatto a convincerlo a cambiare la clausola del paracadute? Si è impiccato con le sue stesse mani
Aldo: La notte prima gli ho dimostrato di non essere un tipo avido quando non ho nemmeno provato a negoziare la cifra del paracadute nel caso di licenziamento, figurati cinque milioni per me sono molto più che sufficienti
Simone: Certo lui è abituato a gente che ne chiede quindici, magari per averne sette o otto. Ha pensato che tu fossi un ingenuo o un coglione o che ti interessasse solo il potere e non i soldi
Aldo: Ed era anche sollevato perché se avessi chiesto di più avrebbe dovuto andare dal CEO per farsi dare l’autorizzazione e a quel punto non ce n’era il tempo, o addio blitzkrieg.
Simone: Ma impegnarsi a pagarti il paracadute anche se decidevi di andare via tu, come gli è venuto in mente?
Aldo: Questa mattina, quando dovevamo solo firmare e gli ho aggiunto a penna sul contratto la frase “qualsiasi sia la causa” prima di “del licenziamento”, ha capito il rischio che correva ma poi ha immaginato che io non avrei mai pensato di volere rinunciare al potere
Simone: E te l’ha firmata così, senza obiettare?
Aldo: Ha solo aggiunto “Tranne che per casi di colpa grave”, aveva paura che rubassi ma non che decidessi di andarmene. E non aveva il tempo per riflettere bene, a quel punto era già in mezzo al ponte, tornare indietro sarebbe stato difficilissimo per lui. Ha rischiato
Simone: Ha fatto una cazzata enorme, gli hai fatto fare una figura di merda colossale e deve pure pagarti
Aldo: Ispettore Clouseau di merda!
Simone: Qui ora c’è la rivoluzione, in una settimana tutti quelli bravi avranno in mano offerte da altre aziende
Aldo: Meglio così, anzi è quello che spero, ma alla fine tutto tornerà come prima. Però vedere Bossani spedito fuori in quel modo è valso il viaggio, peccato che tu non fossi nella stanza
Simone: Cosa farai?
Aldo: Io vado al mare, anzi sopra il mare, per un po’ almeno. Scrivimi quando vuoi
Simone: Sarò occupatissimo. Con quello che è successo oggi nessun interno può prendere il tuo posto. Ci commissarieranno per un po’ ma intanto io dovrò mandare via tutti gli altri amici di Ottavio, dopo l’apocalisse di oggi è chiaro che nessuno può restare
Aldo: Sai cosa penso su chi dovrebbe venire a fare il capo, ne abbiamo parlato. Ci vorrà un poco di tempo ma vedrai che funzionerà
Simone: Mi mancherai
Aldo: Ti abituerai
-=-=-=-
Sono in piedi e guardo le onde che si frangono sulle rocce proprio sotto il muro della terrazza di casa. L’abbiamo comprata così com’era, senza toccarla, solo per vivere lì per un poco, poi decideremo. La Palombaia è abbastanza vicina e abbastanza lontana da tutto per lasciarci la libertà di scegliere.
Orietta arriva dietro di me, i capelli pieni di sale raccolti in un elastico rosso, con il giornale finanziario in mano. Mi abbraccia in modo che il giornale, piegato in quattro, sia davanti ai miei occhi, devo leggere anche se non ne avrei voglia, vorrei solo girarmi e baciarla.
C’è scritto che hanno nominato Anna de Mergis nuovo capo della filiale italiana, dopo gli “sconvolgenti rivolgimenti” di tre mesi prima. La De Mergis, scrive il giornale, arriva da una azienda concorrente dove si è fatta la fama di una insaziabile aggressività commerciale.
La conosco, dico a Orietta, è brava e conosce i limiti, hanno scelto bene. Speravo che la scegliessero, ne avevo parlato con Simone, sai, continuiamo a sentirci. Anche se tutto è diventato così poco importante, ora.
L’articolo conclude ricordando che l’azienda non ha ancora nominato il nuovo Presidente Europeo dopo che il precedente è stato colpito da un ictus al suo ritorno da un viaggio in Italia, letteralmente appena sceso dalla scaletta dell’aereo, mentre leggeva la mail. Il malore l’ha risparmiato ma i dottori gli hanno consigliato di interrompere l’attività.
Ora il rumore delle onde è fortissimo, mi giro, le slego i capelli e ci affondo dentro la faccia. Restiamo così per un minuto, mentre lei con la sua voce che nei mesi passati su questa terrazza si è fatta roca, mi chiede se ho dei rimpianti.
Faccio finta di pensarci, perché so già benissimo che non ne ho. Spesso però mi chiedo se dovrei avere dei rimorsi. E ogni volta mi dico di no, e ogni volta mi stupisco e mi faccio paura, perché dovrei averne. Ma non ne ho. Nessuno.
Le rispondo di no, tenendola tra le braccia, le rispondo che non ne ho.
Torniamo in casa, le soffio tra i capelli. Io ho solo gioia. E non ho detto noia.
E a questo punto puoi lasciare un commento e dirmi cosa ne pensi. Arrivederci!
grazie Gianni!
Sei stato bravissimo. Hai saputo scrivere con la giusta ironia , ma anche tanta verità, il sistema coloniale delle multinazionali che operano in diversi paesi.Dietro tutti i quadri e tazebao di facciata su diversity, etica nel business,equal opportunity etc etc l’unica cosa che conta, a tutti i costi, è la trimestrale. Quanti soldi si bruciano nell’ultimo giorno del trimestre x fare i numeri!.Se gli azionisti sapessero.!!!Ci sono stato anche io sulla giostra e non ho proprio rimpianti. Ho potuto assistere alla distruzione della più bella azienda del mondo da parte di una signora bionda in nome dell’EPS.
Hai avuto anche coraggio e questo non si compra al supermercato.